4 modi per generare contatti (e clienti) online

4 modi per generare contatti (e clienti) online

Ti dicono che per generare clienti grazie al web devi avere una pagina Facebook, pubblicare tutti i giorni su Instagram, fare balletti su TikTok e già che ci sei girare video per YouTube. Fermati, respira, metti da parte per un momento i social e leggi questo blog post. Ti spiegherò come (e perché) devi iniziare a generare contatti da trasformare in clienti subito.

Che cos’è la lead generation

La lead generation è un insieme di azioni di marketing e comunicazione che ha come obiettivo l’acquisizione di contatti di persone che fanno parte del nostro target e che possono essere trasformate in clienti. A differenza del traffico che genera il tuo sito o la tua pagina Facebook, questi contatti sono di persone realmente interessate a ciò che hai da dire/offrire/vendere.

In una delle mie ultime newsletter (se non ti sei ancora iscritto puoi farlo qui), raccontavo di come stare solo sulle piattaforme di altri – come nel caso dei social – sia estremamente pericoloso e di come, invece, la creazione di un database di nomi, cognomi, mail, numeri di telefono sia fondamentale per far crescere (e far fatturare di più) la tua azienda.

Vediamo insieme quattro modi per andare a caccia di questi preziosissimi dati.

1. Contenuti gratuiti

I contenuti gratuiti sono il modo migliore per farsi lasciare l’indirizzo mail e, allo stesso tempo, per mostrare la proposta di valore della nostra azienda. Tramite ebook, pdf, video, prima lezione del corso possiamo far toccare con mano al potenziale cliente cosa vuol dire lavorare con noi, che cosa riceverà se acquisterà dal nostro e-commerce o il nostro video corso.

Funziona così: tu crei per esempio un ebook e lo mostri alle persone che potrebbero essere interessate ad averlo, al tuo target. La persona lo trova interessante, lascia il suo indirizzo di posta elettronica e il documento gli viene inviato direttamente alla casella mail. Et voilà, il contatto è tuo. Ora chiaramente va lavorato, bisogna inserirlo all’interno di un flusso di mail che gli raccontino perché dovrebbe scegliere la tua azienda, come il tuo prodotto o servizio ha risolto il problema del cliente Pinco Pallo e, soprattutto, devi regalare ulteriore valore.

I contenuti che funzionano meglio sono certamente i video, i webinar gratuiti o comunque qualcosa che abbia un contatto diretto e molto forte con te, a maggior ragione poi se sei in live e le persone possono farti delle domande. I pdf scaricabili vanno benissimo e sono sicuramente più veloci e pratici da costruire, ma tieni presente che, proprio perché di così semplice creazione, ne è pieno Internet.

2. Sconti

Ti è mai capitato di entrare su uno shop online e vedere il pop-up che dice “iscriviti alla nostra newsletter e ricevi il 10% di sconto sul tuo primo ordine”? La logica è simile a quella di prima: regalo qualcosa al mio target e in cambio ricevo un indirizzo mail. Nel caso del commercio elettronico solitamente a quel contatto si inviano promozioni, si annunciano i saldi, si comunica che sul sito è disponibile la nuova collezione.

Funziona e funziona molto bene, non tanto a far sì che la persona utilizzi davvero quello sconto perché spesso poi si dimenticano di quel codice (il che a te va anche bene). Hai però così un contatto diretto, te l’ha lasciato lei ed è un chiaro segnale di interesse nei confronti dei tuoi prodotti e servizi.

3. Campagne di raccolta contatti

Se vuoi raccogliere contatti in maniera massiva e più rapida, non puoi esimerti dal far partire una campagna per esempio su Facebook. Prendiamo l’esempio del contenuto gratuito. Lo crei, lo pubblichi sul tuo sito, lo metti sui social e raccogli 1, 2, 10 mail. Per far sì che quel contenuto attragga nuove persone il modo migliore è sponsorizzarlo e mostrarlo, quindi, a un pubblico più ampio di coloro che già ti conoscono e ti seguono.

Facebook però permette anche di creare delle campagne specifiche per la lead generation allegando all’inserzione un modulo nel quale le persone possono inserire lì dentro, senza uscire dalla piattaforma, il loro nome, indirizzo mail e qualsiasi altra informazione tu voglia raccogliere (attenzione però, perché meno è meglio!).

4. Chiedi ai tuoi clienti offline

Hai un negozio fisico? Chiedi ai tuoi clienti il loro indirizzo! Quelli sono contatti estremamente qualificati; sono email di persone che si sono prese la briga di venire da te, magari cercare parcheggio, entrare e acquistare.

Mi dirai “sì ma Erica, cosa me ne faccio della mail di qualcuno che è già mio cliente?”. Mandi offerte personalizzate, promozioni, fai in modo che si ricordi di te e che torni a comprare. E poi lo usi per creare il tuo pubblico personalizzato su Facebook! Se non sai di cosa sto parlando e vuoi saperne di più, leggi il mio post su Instagram dove parlo di pubblico personalizzato e pubblico simile. Fidati, cambierà il modo in cui farai le tue prossime campagne Facebook e Instagram!

Ora che sai quali sono i modi migliori per iniziare a creare il tuo database di contatti, fallo! Non perdere altro tempo!

Vuoi che sia io a generare i contatti per la tua attività? Scrivimi adesso e non lasciarti sfuggire l’occasione di veder aumentare le tue vendite.

Fan e clienti non sono la stessa cosa

Fan e clienti non sono la stessa cosa

Meglio avere tanti like e fan o riuscire tramite il lavoro sui social ad avere clienti e quindi bonifici? Non so tu, ma io preferisco la seconda opzione. Che poi ci ho provato ad andare al supermercato a fare la spesa e scambiare i mi piace con un litro di latte, ma mi hanno detto di no che servono i soldi, quelli veri. Ma davvero questi numeri non contano, oppure hanno una loro valenza?

Sono solo vanity metrics

Qualche settimana fa ho pubblicato questo su Instagram.

Da questo post sono scaturite un paio di conversazioni interessanti con due colleghe su come i clienti, soprattutto quando si tratta di freelance e di piccole realtà, siano letteralmente ossessionati dai like, dalle interazioni, dai fan. Questi numeri fanno parte della categoria delle vanity metrics, letteralmente metriche della vanità, ovvero numeri che ci fanno sentire realizzati e soddisfatti, ma che nulla hanno a che vedere con il raggiungimento degli obiettivi di business.

Pensaci. Possiamo davvero fissare come obiettivo di business il raggiungimento di 50 mila follower su Instagram? Quale ritorno sull’investimento ci dà? Avere tanti fan equivale ad avere un negozio dove moltissime persone fanno un giro. Ma se poi non acquistano, che vantaggio ne hai? Davvero vuoi un esercito di persone che dicono “sto solo dando un’occhiata” o vuoi che aprano il portafogli?

La riprova sociale

Non possiamo però non tener conto di questi numeri. Ignorarli completamente sarebbe da persone miopi. Sono un modo per vedere se i contenuti che pubblichiamo piacciono oppure no, ma poi dobbiamo confrontarli con le effettive vendite, generazione di contatti o qualsiasi altro vero obiettivo che ci siamo dati.

Aumentare il numero di follower e la copertura che hanno i nostri post ha chiaramente un senso: amplifica il nostro pubblico e quindi la platea di persone che ascoltano il nostro messaggio. Ma c’è un’altra cosa importante: quella che viene definita riprova sociale, ovvero quel fenomeno psicologico secondo il quale decidiamo ciò che è giusto in base a ciò che sembra giusto per gli altri. Questo fenomeno viene sfruttato per esempio dalle discoteche. Ti è mai capitato di metterti in coda fuori da un locale per poi entrare e trovarlo mezzo vuoto? Ecco, il fatto di avere la coda fuori dà a chi passa la sensazione che il posto sia esclusivo e che la gente è disposta ad aspettare pur di entrare.

I like fanno lo stesso identico gioco, ed è per questo che moltissimi acquistano i follower (no, non farlo! In un altro articolo ti spiegherò perché scappare da questa pratica). Avere 50 mila fan su Instagram dà la sensazione a chi arriva sul tuo profilo che sei più bravo rispetto a chi ne ha 300. Anche se non ci sono prove a sostegno di questa teoria.

La crescita sui social è da perseguire nell’ottica di ampliamento del nostro pubblico, così come l’aumento degli iscritti alla newsletter e le visite al sito web.

Le cose che contano davvero

Andando alla ricerca continua di like, però, non dobbiamo perdere di vista quello che davvero conta: le conversioni, i clienti, i bonifici, i dindini. Facciamo un esempio: se una persona che si occupa di problemi sessuali di coppia sbarca su Instagram, credi davvero che, per quanto bravo, coinvolgente e con la migliore strategia di comunicazione possibile riesca a raccogliere centinaia di commenti di persone che raccontano dei loro problemi a letto? Io credo di no. In questo caso interessa che le persone poi fissino una consulenza, che convertano, che diventino clienti. È più probabile quindi che si palesino nei messaggi privati.

Con questo post, quindi, dove voglio andare a parare? Semplice: i numeri delle conversioni sono più importanti (ma centinaia di volte più importanti) del numero dei follower, dei mi piace, dei cuoricini.

Vuoi analizzare i numeri della tua comunicazione? Ho creato per te un file che puoi scaricare a questo link per iniziare ora a tener traccia delle tue azioni e sulle conversioni. Fallo subito, è gratis!

Inserzioni Facebook bloccate, perché?

Inserzioni Facebook bloccate, perché?

Ti è mai capitato di creare un’inserzione su Facebook e vederla poi bloccata e non approvata senza capirne il motivo? Le linee guida di Facebook riguardo alle inserzioni sono molto chiare e a volte possono risultare restrittive. Conoscere i motivi per cui un’inserzione può non essere approvata è importante per risparmiare tempo ed evitare brutte sorprese come il blocco della pubblicità o, peggio, la disattivazione nell’account pubblicitario.

Vediamo insieme le principali motivazioni per cui le inserzioni possono essere bloccate. Rimando comunque alla policy completa e le linee guida dalla community di Instagram e di Facebook per qualsiasi dubbio e per approfondimento.

Contenuti vietati

Facebook ha un elenco di contenuti che è vietato sponsorizzare sulla sua piattaforma. Le inserzioni che pubblicizzano quindi prodotti, servizi o contenuti di questo tipo vengono bloccate e c’è il rischio di blocco anche dell’account pubblicitario. Prodotti o servizi illegali sono chiaramente tra i primi motivi di blocco e all’interno di questa categoria ci mettiamo anche le droghe, prodotti a base di tabacco e armi. Ci troviamo anche i contenuti per adulti (compresi anche prodotti e servizi ad essi correlati), integratori di dubbia sicurezza, pratiche fraudolente e ingannevoli, finanziamenti, aste. E attenzione perché anche le pubblicità dove viene mostrato un “prima e dopo” (come nel caso di creme, prodotti dimagranti ecc), quelle dove vediamo delle caratteristiche fisiche esplicite o implicite come la razza, la religione, disabilità, stato di salute, condizioni economiche e altro vedono il blocco da parte di Facebook. Oltre a tutto questo però dobbiamo fare attenzione anche a come scriviamo i copy delle nostre inserzioni e ai link di destinazione che vengono inseriti. Viene infatti vietata la pubblicità con pagine di destinazione non funzionanti, e i testi non devono contenere volgarità o grammatica e punteggiatura usate in modo scorretto.

Contenuti non ammessi

Oltre ai contenuti che abbiamo visto sopra (e che non sono esaustivi e per questo ti ricordo di consultare la policy completa) ci sono dei contenuti che non sono ammessi, ma per i quali è possibile avviare una procedura per richiederne conformità. Alcuni dei contenuti non ammessi: alcol, servizi di appuntamenti online, gioco d’azzardo, farmacie online, prodotti di dimagrimento, politica.

Come dicevamo, dei contenuti non ammessi ci sono delle categorie per le quali serve un’autorizzazione per poter fare pubblicità. Vediamone qualcuna:

  • Farmacie online: inserzioni consentite previa autorizzazione scritta da parte di Facebook.
  • Appuntamenti: inserzioni consentite previa autorizzazione scritta da parte di Facebook, oltre a dover rispettare i requisiti per la targettizzazione e le linee guida di Facebook sulla qualità degli appuntamenti.
  • Gioco d’azzardo online e gaming: inserzioni consentite previa autorizzazione scritta da parte di Facebook. Inoltre non possono essere targettizzate verso i minorenni.
  • Inserzioni su temi social, elezioni o politica: bisogna avviare la procedura di autenticazione e impostare il disclaimer per questo tipo di inserzione.
  • Criptovaluta: inserzioni consentite previa autorizzazione scritta da parte di Facebook.
  • Procedure cosmetiche e perdita di peso: devono essere destinate a persone sopra i 18 anni.

Per questi contenuti non è vietata la sponsorizzazione, ma per farla è necessaria un’autorizzazione scritta da parte di Facebook, un’autenticazione dell’autore, un disclaimer in cui sia chiaro chi sponsorizza il contenuto oppure bisogna fare attenzione a targettizzare in modo corretto.

Altre motivazioni del blocco delle inserzioni

Queste sono alcune delle motivazioni per cui Facebook può bloccare le inserzioni, ma ce ne sono altre che non sono legate alla tipologia di contenuto. Pubblicità che non hanno per tema uno di quelli che sono stati citati sopra possono essere ugualmente bloccate perché non rispettano le regole legate alla targettizzazione, alla posizione e alla tipologia di inserzione che scegliamo di fare.

La targettizzazione

Le scelte che facciamo in materia di targettizzazione non devono essere usate per discriminare, infastidire, provocare o denigrare le persone. Dobbiamo fare attenzione anche al pubblico personalizzato che deve rispettare le condizioni di Facebook.

La posizione

Quando apriamo il pannello per la creazione di ad, ci troviamo davanti dei campi da compilare i quali devono essere riempiti correttamente e con le giuste informazioni. Devono essere informazioni pertinenti (testo, immagini, video…) al prodotto o servizio offerto e al pubblico che visualizzerà la nostra inserzione. Dev’essere chiaro e inequivocabile al pubblico qual è l’azienda, il prodotto, il servizio o il brand soggetto dell’inserzione. Inoltre, le pagine di destinazione devono essere corrette e inerenti il soggetto. Non possiamo quindi aggirare il sistema di Facebook facendo un’ad che parla di cibo e poi linkare una pagina web ad un e-commerce che vende armi.

Inserzione per acquisizione contatti

Tramite le Facebook Ads possiamo fare acquisizione contatti per iscrivere le persone alla nostra newsletter, ma anche per raccogliere mail o numeri di telefono di persone interessate a ricevere maggiori informazioni sui nostri prodotti o servizi. Chiaramente anche in questo caso, Facebook ha delle regole molto severe per quanto riguarda la raccolta di informazioni personali dei suoi utenti. A che cosa dobbiamo prestare attenzione quindi? Non dobbiamo chiedere il numero di conto, informazioni relative ai precedenti penali, informazioni finanziarie, codice fiscale, numero di passaporto o della carta d’identità, informazioni sullo stato di salute, orientamento politico, orientamento sessuale, nomi utente o password e altre.

Uso delle risorse del brand Facebook

Ci sono caduta anche io nel pieno della mia innocenza mentre creavo un’inserzione di un contenuto del mio profilo Instagram (ancora non mi segui? Fallo subito!). Facebook, e quindi anche Instagram, non consente la creazione di pubblicità che abbiano nel titolo, nell’immagine o nel testo un uso non approvato del brand. Non possiamo quindi rimandare a contenuti di Facebook o Instagram (anche pagine e gruppi) o farne riferimento nel testo dell’inserzione. E non possiamo nemmeno usare il brand Facebook nella creatività come parte rilevante o modificare le risorse del brand (es la modifica dei colori o del design per attirare l’attenzione). Oltre a questo non possiamo nemmeno inserire un bottone finto di play del video o frecce che invitino all’azione gli utenti.

Dobbiamo tener conto di varie cose quando decidiamo di creare un’inserzione o sponsorizzare un post della nostra pagina Facebook. Il mio consiglio è di tenere sempre d’occhio e sottomano le normative pubblicitarie (che possono cambiare dall’oggi al domani), ma anche le linee guida di Facebook e Instagram.

Questo post non vuole essere esaustivo di tutte le norme e i casi che possono causare il blocco delle inserzioni e certe volte anche dell’account pubblicitario, ma vuole solo dare un’idea di ciò che dobbiamo tenere in considerazione quando apriamo il Business Manager per creare nel nostre Ad.

Dubbi, domande, perplessità? Scrivimi!

Vincere le elezioni grazie ai social

Vincere le elezioni grazie ai social

Premessa: questo articolo si concentrerà sulle elezioni regionali e la campagna elettorale che è stata fatta sui social prendendo come termometro le scorse elezioni regionali della Valle d’Aosta. Escludo le elezioni comunali perché, soprattutto nei piccoli comuni, sono altre le motivazioni che spingono i cittadini a votare per quella o quell’altra lista: amicizia e parentela sono i motivi più forti. So anche benissimo che le elezioni non si vincono solo grazie ai social, c’è tutto l’offline che ha un suo valore fondamentale. E, cosa molto importante, ho lavorato (insieme a Erick Bazzani) alle scorse elezioni per una delle liste in competizione.

Il fattore tempo e la campagna elettorale

Partiamo dal presupposto che in 40 giorni non si fanno miracoli e che, almeno in Valle d’Aosta, nascono liste proprio a ridosso della competizione elettorale. Questo fa sì che non ci sia uno storico del lavoro fatto da quel movimento, spesso non sono veri e propri movimenti politici ma insieme di più forze e nascono quindi account social solo per questo evento (e molte volte vengono abbandonati poco dopo).

Viviamo ormai in una campagna elettorale permanente dove tutti i movimenti, candidati, politica di destra, sinistra, centro, sopra o sotto lanciano slogan o sollevano questioni chiedendo al proprio pubblico di appoggiarli. Si creano distorsioni, visioni delle cose diverse dalla realtà, fake news, tu contro di me che hanno come unico scopo quello di attirare più fan possibile. Uso proprio la parola fan perché spesso è quello in cui si trasformano i seguaci delle forze politiche: difendono a spada tratta il proprio idolo, portano avanti la sua narrazione e ne diventano i paladini.

Riuscire quindi a creare una narrazione efficace, credibile e che entri nella testa delle persone non è così semplice ed è qualcosa che necessita di tempo per realizzarsi.

I candidati sono il volto della proposta politica

Detta malamente, i candidati sono il “prodotto” che i movimenti tentano di vendere. In questa tornata elettorale in Valle d’Aosta abbiamo votato con la preferenza unica. Questo cos’ha comportato? Ogni candidato ha corso da solo la maratona fino al traguardo e i movimenti hanno fatto solo da supporto. In questo contesto, quindi, la scelta del candidato diventa ancora più importante: se un prodotto non piace al pubblico, lo posso pubblicizzare finché voglio ma comunque non troverà mercato. Idem per i candidati: se non piacciono la gente non li voterà, indipendentemente dal programma della lista.

Ci siamo trovati quindi con oltre 300 persone desiderose di sedere in Consiglio regionale, ognuna delle quali ha portato avanti la propria campagna sia online che offline. In questo contesto in cui si cerca di urlare più forte degli altri per farsi sentire, sussurrare all’orecchio dell’utente è la strategia migliore per farsi ascoltare. Che cosa vuol dire? Messaggio giusto, alla persona giusta, al momento giusto e nel posto giusto, che tu sia candidato, lista o movimento politico.

Inoltre, non si possono stravolgere i candidati a un mese dalle elezioni. Un candidato è una persona con i propri interessi, i propri amici, un proprio uso dei social media, un proprio carattere. Non possiamo pensare di prendere una persona e sconvolgerla, come non possiamo aprire per ognuno una pagina Facebook che poi rimarrà deserta. Anche fare video elettorali per tutti e 35 i candidati di una lista non ha nessunissimo senso, Erick lo spiega molto bene in questo articolo. Lasciare che ognuno si esprima nel mezzo che li fa sentire a proprio agio e che è più efficace è certamente la scelta vincente.

La strategia per la campagna elettorale

La strategia per vincere le elezioni sui social deve essere precisa e si deve svolgere su più livelli integrando online e offline e, perché no, coinvolgendo gli amici (è il caso, per esempio, del video “Dai, vota Pado!”). Sì ai comizi in presenza, ma ricordiamoci che in questi eventi troviamo solitamente coloro che già sono impegnati e vicini alla nostra causa. Tramite i social possiamo portare sulle diverse piattaforme gli stessi messaggi in modo diverso e far sì che più persone possano vederli, nel pieno dell’anonimato che lo schermo ci concede.

La strategia deve però essere abbastanza flessibile da potersi aggiustare in corsa, in base a quello che ci succede intorno e a quello che dicono/fanno gli avversari. Potremmo avere necessità di rispondere a un attacco diretto, di inviare un messaggio velato a un competitor, oppure di sfruttare degli avvenimenti per mettere in luce una parte del nostro programma elettorale.

Canali, target e contenuti giusti

No, no e poi no ad aprire un milione di canali social a pochissimi giorni dal voto; meglio solo uno ma ben gestito. È la scelta che abbiamo fatto io e Erick con la lista per la quale abbiamo lavorato. Ci siamo concentrati solo su Facebook perché lì c’erano i nostri potenziali elettori e perché aprire altri canali di comunicazione come Instagram poteva, visto il pochissimo tempo a nostra disposizione, essere controproducente. Non si possono copiare i incollare i contenuti sulle diverse piattaforme perché ogni canale ha un suo pubblico e una sua comunicazione.

Ciò che mostriamo deve necessariamente essere il giusto equilibrio tra parti di programma, eventi, volti dei candidati e tutto ciò che può essere funzionale alla narrazione. Non possiamo essere schizofrenici; cerchiamo di programmare quello che non ha limiti di tempo e di lasciare spazio per comunicazioni dell’ultimo minuto.

E le dirette Facebook? Sì, ma se hanno senso e con parsimonia. In tempo di Covid le dirette hanno doppia funzione: permettono a chi non può o non vuole assistere di persona di ascoltare gli interventi, e permettono lo svolgersi dell’evento in sicurezza. Ma, a parte il periodo storico in cui stiamo vivendo, la diretta può essere da un lato utile, dall’altra controproducente. “Il bello della diretta” non sempre è così bello. Quello che viene detto può raggiungere moltissime persone e possono scappare considerazioni che sarebbe meglio rimanessero private. Può anche generarsi un dibattito dove, invece di essere costruttivo, si rivela distruttivo mettendo in difficoltà l’interlocutore. Insomma, sì ma scegliendo bene quando farle e chi far parlare.

Il budget: più si spende meglio si spende?

Facebook non esiste senza sponsorizzate. È inutile discuterne: la reach organica delle pagine è sempre più bassa e senza mettere un po’ di budget rischiamo di vedere i nostri post viaggiare nello spazio web senza il minimo riscontro. Quanto spendere su Facebook? Dipende, ma non è necessario avere dei grandi budget, anche in campagna elettorale. Il contenuto è il principe dei social e più siamo capaci di coinvolgere gli utenti, più i nostri post viaggeranno da soli.

Durante la campagna elettorale alcune delle liste in gara hanno speso anche fino a 6000€ solo in sponsorizzate; io e Erick abbiamo speso per la nostra lista poco meno di 200€. Stupidi? Forse un po’ sì, però i nostri post hanno avuto una grande copertura e soprattutto abbiamo raggiunto il risultato: 18 consiglieri eletti tra regione e comune, oltre alla netta vittoria della lista rispetto alle altre forze in coalizione per il comune di Aosta. Ovviamente non è solamente merito nostro.

Non basta prendere il budget e schiaffarlo sulla faccia di ogni candidato. A me, utente, cosa dai in più facendomi vedere la faccia di tutti e 35 i candidati della tua lista alle regionali della Valle d’Aosta? Nulla. Quello che destiniamo per lo sponsorizzate Facebook va usato con parsimonia cercando di allargare il raggio d’azione della pagina verso quelle persone che potrebbero potenzialmente essere interessate. Inutile sparare nel mucchio, lo dico da sempre in qualsiasi ambito. Anche qui torna lo studio del target e la comprensione di chi abbiamo davanti.

Con i social non si vincono le elezioni

La conclusione è una soltanto: i social non fanno vincere le elezioni, ma sono fondamentali per non perderle. Con i social non si spostano i voti, ma possiamo convincere gli indecisi a votare il nostro programma e fidelizzare chi già sa a chi destinare il proprio voto.. Chi vota Salvini, non entrerà nell’urna per votare Renzi perché hanno letto un post su Facebook in campagna elettorale. Potranno, invece, scegliere una o l’altra lista in base a quella che più è arrivata vicina al loro pensiero e ha suscito interesse.

Per i risultati ci vanno tempo e pazienza, anche se la campagna elettorale fa mettere il piede sull’acceleratore. Meglio costruire una narrazione solida e coerente nel corso degli anni e poi raccogliere il frutto del lavoro (on e offline) durante le elezioni.

Per saperne di più su chi ho seguito, insieme a Erick Bazzani, in questa tornata elettorale vai a sbirciare nel mio portfolio.

WhatsApp Business per la tua attività

WhatsApp Business per la tua attività

Il 2020 lo ricorderemo per un unico motivo: il Covid-19, il lockdown e la conseguente crisi economica. Moltissime aziende si sono ritrovate con le serrande dei negozi abbassate e si sono lanciate sul digitale, più o meno conoscendone il potenziale. Oggi più che mai il web è la risorsa migliore per le attività, anche per quelle più piccole, per rimanere in contatto con i propri clienti, per comunicare le variazioni degli orari, per incoraggiare le prenotazioni e l’acquisto online.

Lo strumento principe che è stato scelto da chi ha iniziato a confrontarsi con la realtà della rete è stato WhatsApp perché di semplice utilizzo e immediato anche per i clienti. Vediamo insieme come utilizzare la app sorella per scopi aziendali.

WhatsApp: da app di messaggistica personale a strumento di business

In questo articolo parleremo di WhatsApp Business, la app pensata appositamente per chi gestisce una piccola attività. La si può scaricare sia per iOs che per Android nei rispettivi store. Non si tratta quindi della normale app di messaggistica che ormai la grand parte delle persone ha sullo smartphone, ma lo stesso sistema pensato appositamente per il business.

Che differenza c’è tra WhatsApp e WhatsApp Business?

La domanda sorge spontanea: che differenza c’è tra le due app? La semplice WhatsApp, quella che sicuramente hai installata sul cellulare da parecchio tempo, è pensato ad uso personale per comunicare con amici e parenti, inviare foto e video, fare chiamate e videochiamate. Si scarica la app, si imposta un numero di telefono e il gioco è fatto! Gli unici campi personalizzabili sono la foto profilo, le info (disponibile, occupato ecc oppure si può mettere una frase personalizzata) e lo stato che funziona come le Instagram Stories: foto o video che rimangono online per 24 ore.

WhatsApp Business invece è un’altra app che ha le stesse funzioni di quella classica, a differenza della personalizzazione delle informazioni. Sarà possibile compilare una vera e propria scheda dell’attività cosicché l’utente possa trovare tutto ciò che cerca (numero di telefono, orari di apertura, mail, sito Internet, catalogo dei prodotti). Il nostro profilo WhastApp Business sarà quindi molto simile alla sezione informazioni di una pagina Facebook. Altra cosa molto interessante è la possibilità di impostare dei messaggi automatici, come già avviene su Messenger e di etichettare i contatti per esempio come clienti, fornitori…

A cosa serve WhatsApp Business?

Perché se hai un’attività dovresti passare a WhatsApp Business? Per fare quello che si chiama marketing one to one, ovvero quella tipologia di marketing per cui l’offerta cambia in base alle esigenze del singolo consumatore, nella situazione più comune è quello che succede nel servizio post vendita. Comunicare con uno strumento diretto come WhatsApp permette di rimanere in contatto con il cliente e farlo sentire più vicino alla tua azienda e gli darà l’impressione di essere considerato IL cliente, non uno fra tanti.

Usare WhatsApp per vendere di più e soprattutto fare in modo che il cliente compri di nuovo è possibile. Immagina di usarlo per esempio come canale per notificare al cliente lo stato del suo ordine, oppure per prendere prenotazioni o per rispondere alle domande dei clienti sui tuoi prodotti: con questo strumento entri direttamente nello smartphone dell’utente, più di quanto non facciano i social o le newsletter. WhatsApp è una app estremamente personale perché accede al numero di telefono delle persone, un contatto ancora più diretto rispetto alla mail.

Le funzionalità di WhatsApp business sono moltissime così come le sue applicazioni nella vita lavorativa di tutti i giorni. Tu lo hai già scaricato? Come lo utilizzi con i tuoi clienti? Fammelo sapere in un commento.

Iscriviti alla newsletter e seguimi su Instagram e Facebook!

Come vendere su Facebook e Instagram? Arriva Facebook Shop

Come vendere su Facebook e Instagram? Arriva Facebook Shop

È notizia di ieri dell’arrivo imminente della nuova funzionalità in casa Zuckerberg, come sempre in rollout prima negli Stati Uniti e poi negli altri paesi. Lo stesso fondatore di Facebook ha annunciato l’arrivo della possibilità di acquistare direttamente sulle sue piattaforme. Ma vediamo insieme cos’è Facebook Shop, che cosa non è e quali sono le potenzialità di questo mezzo.

Che cos’è Facebook Shop

Non è una novità che Facebook stesse cercando da tempo un modo per dare la possibilità alle aziende di vendere senza uscire dal suo ecosistema. È iniziata con la vetrina che ad oggi rende possibile mostrare ai potenziali clienti i propri prodotti ma fa concludere l’acquisto su un sito esterno, proseguendo con la possibilità di taggare i propri prodotti sui post di Instagram, e oggi arriva Facebook Shop che permettere la vendita e quindi l’acquisto su Facebook, ma anche su WhatsApp, Messenger e Instagram.

Facebook Shop arriva in piena crisi sanitaria ed economica data dal Covid-19 e risponde all’esigenza soprattutto delle piccole imprese di poter continuare a vendere passando dalla sola attività offline anche all’online. Tantissimi sono infatti coloro che si sono lanciati nel mondo di Internet e degli e-commerce in questo momento, a volte senza capirne bene i meccanismi ma tutti con la necessità di limitare le perdite.

In poche parole la nuova funzionalità permette di aprire un negozio sul social blu. L’impostazione è semplice e fatta una volta permetterà di sfruttare lo shop anche su Instagram, WhatsApp e Messenger. Gli utenti avranno quindi la possibilità di scoprire i prodotti di un brand direttamente dai profili ufficiali, oppure tramite le stories e naturalmente le Ads.

Lo scopo è quello di far sì che le persone rimangano più tempo possibile all’interno di tutto l’ecosistema Facebook e che non debbano uscire e andare su altri siti per concludere gli acquisti.

Vendere su Facebook

Tantissime altre novità legate allo shop di Facebook saranno presto disponibili: un programma fedeltà per fidelizzare i clienti, la Live Shopping che permetterà di taggare i prodotti prima di andare in live e quindi venderli durante la diretta e l’Intelligenza Artificiale permetterà di simulare la presenza dei prodotti prima di acquistarli (così come fa già Ikea Place).

Meglio Facebook o l’e-commerce?

Lo scopo del colosso blu non è quello di andare in concorrenza con le piattaforme per l’e-commerce come Woocommerce o Shopify per citare i più famosi, ma al contrario l’idea è quella di integrarli a Facebook.

Aprire il proprio shop è completamente gratuito e non viene richiesto un abbonamento al servizio e non è prevista una commissione sulle transazioni effettuate. Chiaramente Mark e il suo team non fanno niente per niente: la speranza è quella di incentivare le aziende a creare campagne pubblicitarie per mostrare i prodotti ai potenziali clienti.

Non è tutto oro ciò che luccica. Come ben sa chi crea inserzioni su Facebook, la piattaforma non permette a tutti e a tutti i messaggi di arrivare al target. Anche lo shop quindi vede delle limitazioni dei prodotti che si potranno vendere come i servizi, le medicine, gli alcolici, le armi, i veleni e altri.

Per l’elenco completo, i dettagli e ulteriori informazioni ti lascio il link diretto di Facebook.

Facebook Shop: una rivoluzione?

Sicuramente la possibilità di vendere su Facebook aumenta le probabilità che l’utente diventi cliente dell’azienda. Lo shop è però standard, non personalizzabile se non in pochi elementi e bisognerà capire se i prodotti saranno indicizzati da Google e se ci sarà la possibilità di promuovere i prodotti anche fuori. E poi torniamo sempre alla solita questione: conviene davvero investire tutto sulla piattaforma di qualcun altro invece che coltivare qualcosa che è nostro indipendentemente dalle decisioni di marketing di qualcuno? E se domani Mark vedesse che aprire lo shop non è stato remunerativo come sperato e togliesse la funzionalità? Qui un mio articolo sull’importanza di avere un sito Internet proprietario.

Le nostre azioni di marketing e comunicazione non possono ruotare solo intorno a un canale (n.b. Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp sono tutti di proprietà di Facebook). Ci sono anche altri strumenti che possono aiutare nell’obiettivo finale di tutte le aziende ovvero vendere e aumentare il fatturato. I social dovrebbero portare traffico al nostro sito e non il contrario.

Tu cosa ne pensi? Credi che Facebook Shop possa essere uno strumento che può aiutare te e la tua attività nell’approccio al commercio online? Fammelo sapere in un commento e se l’articolo ti è piaciuto non dimenticare di condividerlo!

Come usare Facebook se sei un’azienda

Come usare Facebook se sei un’azienda

Facebook per le aziende non è gratis, lo abbiamo già detto in un vecchio articolo del blog. Abbiamo anche visto quanto costa la pubblicità su Facebook, come vendere su Facebook e perché dovresti scegliere una pagina e non un profilo. Ma perché dovresti usare Facebook per promuovere la tua attività?

Le premesse

Partiamo dal presupposto che prima ancora di aprire qual si voglia canale social dovremmo avere ben presente chi sono i nostri clienti potenziali, dove sono, cosa dicono e su quali spazi cercano le informazioni che ci riguardano. Capiamo bene che non ha senso lanciarsi su Tik Tok se non è lì che si trova il nostro target. Oltre a questo dobbiamo stilare un piano marketing che comprenda anche le azioni di social media marketing, in modo da avere bene chiari gli obiettivi, che cosa vogliamo ottenere e come vogliamo misurare i risultati. Non sono attività che fanno solo le grandi aziende; sono passi che dovremmo fare tutti, liberi professionisti e no profit inclusi. Chiunque voglia sfruttare il web e i social per raggiungere degli obiettivi, dovrebbe avere ben chiaro come vuole arrivarci per evitare di sperperare tempo e risorse inutilmente.

A cosa serve Facebook?

Facebook, come anche gli altri social, serve per creare relazioni tra gli utenti, ed è qui che si inseriscono le aziende cercando di creare a loro volta uno scambio con i loro potenziali clienti. La mera promozione non serve e non funziona: più siamo bravi ad instaurare una comunicazione con il nostro pubblico più sarà possibile che si affezioni a noi e che ci veda come unico brand in grado di dargli quello che sta cercando (o che non sapeva di volere). Riassumendo, questi sono gli obiettivi principali perseguibili sul social blu:

  • instaurare relazioni con i potenziali clienti
  • fidelizzare chi è già cliente
  • promuovere prodotti o servizi
  • raccogliere recensioni
  • aumentare la reputazione
  • aumentare il bacino di potenziali clienti
  • fare assistenza post vendita
  • stimolare il passaparola

Scegliere i giusti obiettivi è importante per impostare la corretta strategia. Se vogliamo raccogliere contatti per la newsletter metteremo in campo azioni diverse rispetto a se invece vogliamo fare assistenza post vendita. Chiaro che possiamo avere la necessità di sviluppare più di un punto, ma cerchiamo anche di fare le cose una per volta, con calma, senza mettere troppa carne sul fuoco.

Come fare pubblicità su Facebook

Ho scritto un intero blog post (che puoi leggere qui) riguardo a quanto costa la pubblicità su Facebook. Ora vediamo insieme come usare Facebook in modo efficace per la nostra attività.

Fare promozione su Facebook significa in poche parole aprire il portafogli e pagare per avere degli spazi pubblicitari. Non possiamo pensare di pubblicare in organica per sempre e portare a casa risultati concreti e che siano utili alla crescita della nostra attività. Per fare soldi bisogna spendere soldi diceva qualcuno di cui non ricordo il nome. Dobbiamo quindi stanziare un budget annuale e mensile che tenga conto dei lanci, dei periodi in cui vendiamo meno e del tipo di azioni che vogliamo svolgere.

Facebook ha forse lo strumento più sofisticato per la somministrazione di messaggi pubblicitari per ora presente sul web. Grazie alla quantità infinita di dati che quotidianamente gli lasciamo, alle nostre preferenze, le pagine che seguiamo, gli articoli che leggiamo, quello che scriviamo, i video che guardiamo, gli inserzionisti sono in grado di far vedere il messaggio giusto, alla persona giusta, al momento giusto. Capiamo quindi che la potenza di questo strumento non è minimamente paragonabile a una pagina comprata su un giornale. Il giornale spara nel mucchio; Facebook inserisce nella buca delle lettere delle persone corrispondenza creata appositamente per loro.

Ed è qui che ci andiamo a inserire noi con la nostra attività ed è per questo che dobbiamo avere ben chiaro a chi vogliamo rivolgerci e chi è il nostro target. Non mi stancherò mai di dirlo

Il messaggio giusto, alla persona giusta.

Basta quindi a inserzioni aperte a tutti, dai 18 ai 65 anni e che hanno in comune solo la provenienza geografica. Un ragazzo di 18 anni potrà mai avere gli stessi interessi ed essere attratto dallo stesso messaggio di un utente di 60? No.

Perché usare Facebook

Ancora dei dubbi sul perché Facebook è la piattaforma giusta sulla quale promuovere la tua attività?

Alcuni dati

In Italia siamo 59,25 milioni di cui il 92% è un utente di Internet e il 59% sono gli utenti attivi sui social e sono in crescita di anno in anno. In media le persone trascorrono 6 ore al giorno su Internet, di cui quasi 2 ore sui social media.

I social più attivi sono YouTube seguito da WhatsApp, Facebook e Instagram, tutti e tre proprietà di Facebook.

Passando di Facebook in particolare, parliamo di un pubblico mensilmente attivo che si aggira sui 31 milioni di persone, il 52% del totale delle persone che usano Internet. Inoltre, circa il 6% delle persone che hanno messo like a una pagina vedono i post che vengono pubblicati in organica (quindi senza sponsorizzazione) e solo il 20% delle pagine spendono soldi per aumentare la propria visibilità.

Dati derivanti dalla ricerca di We Are Social aggiornata a gennaio 2019.

Cosa aspetti?

Per dirla semplice: su Facebook c’è una quantità enorme di persone che ogni giorno entrano, leggono e interagiscono. Lì ci dobbiamo inserire noi come aziende, lì dobbiamo andare a creare contenuti interessanti e sempre lì dobbiamo andare ad investire. L’ho già detto, mettere qualche euro ogni tanto non serve a nulla ed è controproducente, ma non sottovalutiamo la potenza che un buon piano marketing integrato con un ottimo piano di social media marketing può avere. Come usare Facebook dipende da noi, da quello che vogliamo raggiungere e dall’impegno (anche economico) che vogliamo dedicargli.

Se questo articolo ti è piaciuto non dimenticare di condividerlo sui tuoi canali social e per rimanere aggiornato iscriviti alla newsletter.

La forza dello storytelling: l’arte del raccontare

La forza dello storytelling: l’arte del raccontare

L’arte del racconto è qualcosa che fa parte della nostra natura dalla notte dei tempi e fin quando non è stata inventata la scrittura è stato l’unico modo per trasmettere le conoscenze. Da quando siamo bambini non facciamo altro che inventare storie sempre nuove e mirabolanti: dai giochi con i peluche, alle bambole per arrivare alle bugie per giustificare un ritardo a una cena. Come esseri umani ci piace raccontare e siamo molto sensibili a quest’arte. Ma come usarla per far crescere il nostro business?

Che cos’è lo storytelling

In gergo il racconto ai fini di marketing viene chiamato storytelling. Questo sostantivo è formato da due parole inglesi: story e telling e possiamo quindi tradurlo come comunicazione creativa. Nel marketing è una tecnica di comunicazione che consiste nel raccontare una storia per far sì che susciti in chi ci ascolta un determinato desiderio, solitamente l’acquisto del prodotto o servizio al centro della narrazione. Non è altro che un modo di persuadere le persone a compiere un’azione raccontando loro una storia. Un po’ come si fa con i bambini quando non hanno voglia di mangiare o di andare a dormire.

Ultimamente questa tecnica viene largamente utilizzata, soprattutto dai grandi brand, ma non è una moda. Certo, oggi forse vi è un’abbondanza di storie che cercano di persuaderci a comprare un prodotto, ma lo storytelling a fini commerciali esiste da sempre e oggi ha ancora più risonanza grazie a mezzi di comunicazione più diffusi e popolari come i social network. Ecco degli esempi di storytelling efficace:

Lego “Let’s Build”

In questo spot a parlare è un bambino che racconta del suo universo perfetto: insieme lui e il padre costruiscono castelli, ponti, animali e l’unico loro limite è la fantasia. E lo fanno insieme, perché sono una squadra che nessuno può fermare. È un po’ come se il prodotto passasse in secondo piano e non rimanesse che il racconto che il bambino fa dei momenti passati a costruire e a giocare con suo papà. Il messaggio di fondo che l’azienda vuole veicolare è “con Lego anche tu potrai far passare dei momenti belli così a tuo figlio”.

La leva che viene mossa è sempre quella emozionale, la più forte che abbiamo per fare marketing e qui si gioca sul punto di vista del bambino che, facendo vedere l’esperienza di gioco attraverso i suoi occhi, scatena nell’adulto che guardi emozioni che vuole provare egli stesso.

Samsung “The olympic anthem”

In occasione delle Olimpiadi di Rio 2016, Samsung (partner ufficiale dell’evento) lancia il suo video a tema. Chiaramente si tratta di product placement, ma il video ha un qualcosa di affascinante che si lascia guardare dall’inizio alla fine senza che il prodotto, il cellulare S7 Edge, venga esplicitamente menzionato se non alla fine. Il video è fortemente legato all’evento e a quello che le Olimpiadi vogliono significare: fratellanza e unione. Ed è quello che viene veicolato in queste immagini che ritraggono persone da varie parti del mondo cantare il proprio inno nazionale come se fosse un inno unico.

Nutella “Nutella sei tu”

Quello di Nutella è un altro esempio di storytelling emozionale. Lo spot è girato in soggettiva, siamo noi spettatori i protagonisti del video e anche se non siamo lo Stefano della pubblicità ci immedesimiamo e ci rivediamo in lui. Anche qui viene raccontata una storia: Stefano cresce, gli vengono dati diversi nome e nomignoli, eppure per il brand rimane sempre il bambino che a inizio video mangia pane e Nutella. Funziona perché usa come leva le emozioni ed è coinvolgente (ci interpella dandoci del tu – “Sei nato Stefano…”).

Di esempi come questi ce ne sono tantissimi e sono ogni giorno sempre di più non solo per le grandi aziende come quelle che ho citato sopra, ma anche nei piccoli brand. Spostandoci dal formato video, ci sono tantissime piccole attività, soprattutto artigianali, che grazie allo storytelling hanno costruito identità forti e riconoscibili e le troviamo soprattutto su Instagram, a mio avviso social re dello storytelling.

La forza dello storytelling

Qualche sera fa guardavo il documentario Cose da ricchi su Sky e mi sono soffermata a pensare di come lo storytelling riesca a far vendere a cifre spropositate cibi e prodotti che forse se non avessero una narrazione così potente alle loro spalle non varrebbero così tanto. Questa tecnica è potentissima, riesce a far affezionare al brand i potenziali consumatori che poi non potranno che acquistare quel prodotto, anche a parità di qualità e anche se costa di più. Questo perché è come se acquistando quel prodotto acquistassimo anche una parte del racconto che ci è stato fatto.

Prendiamo per esempio brand di lusso come Chanel o Gucci. Nonostante siano estremamente diversi come stile, cliente ideale, modo di comunicare e di apparire all’esterno, hanno una cosa in comune: il fortissimo storytelling che giustifica in qualche modo il loro essere marche costose. Chanel ha un sito web (Inside Chanel) che si presenta come un libro che in ogni capitolo racconta la storia della maison. Tutto questo si inserisce in una strategia che mette al centro l’eredità del brand, la sua fondatrice Coco e tutti i personaggi che ne hanno fatto il successo, prima fra tutte Marylin Monroe e il profumo Chanel N°5.

Oggi, soprattutto quando parliamo di marketing digitale e di social media, essere riconoscibili nel mare di informazioni che quotidianamente ci bombardano è fondamentare per chi questi mezzi li usa come strumenti di business. Dobbiamo quindi attirare l’attenzione ed emozionare e le storie sono il meccanismo attraverso il quale riusciamo a centrare questo obiettivo. Per farlo dobbiamo tenere bene a mente che la più potente leva per cui le persone acquistano è perché quel prodotto ha suscitato delle emozioni e la razionalità invece viene messa da parte.

Più siamo bravi a raccontare e raccontarci, più saremo riconoscibili e ci posizioneremo nella mente del potenziale cliente in modo chiaro e unico.

Sceglierà noi per le sue consulenze perché il nostro modo di vedere il mondo non è scontato e banale, sceglierà il nostro prodotto perché affascinato dalla storia che c’è dietro alla realizzazione e verrà in vacanza da noi perché vuole vivere di persona l’atmosfera che gli abbiamo raccontato e le emozioni che gli abbiamo promesso.

E tu da quale brand sei rimasto affascinato per la storia che racconta? Hai mai pensato di usare lo storytelling per la tua attività? Fammelo sapere in un commento e non dimenticare di iscriverti alla newsletter!

Studio del target per trovare i tuoi clienti

Studio del target per trovare i tuoi clienti

Negli ultimi anni fior fiore di consulenti vanno dicendo che su Internet, in particolare sui social, bisogna esserci perché è lì che si trovano i nostri potenziali clienti. Questo è in parte vero, ma molto dipende anche dal tipo di azienda che abbiamo e ciò che funziona per una non è detto che funzioni allo stesso modo per un’altra. Non obbligatoriamente dobbiamo essere su tutti i social network (anzi, quasi mai), ma prima ancora di sapere dove intercettarli dobbiamo capire chi sono.

Non possiamo vendere a tutti

Partiamo dal presupposto che “a tutti” non è la risposta alla domanda “a chi sono indirizzati i tuoi prodotti?”. Come avevo iniziato a dire nel post come vendere su Facebook, l’individuazione del target è il passo che sta prima di qualsiasi azione di marketing, anche l’apertura di una semplice pagina Facebook. Dobbiamo capire chi potrebbe essere interessato ad acquistare il nostro prodotto o servizio, quali sono le sue esigenze, quali i problemi che vuole risolvere. Fatto questo andiamo alla ricerca dei luoghi dove si svolgono le conversazioni riguardanti il prodotto o altri prodotti simili e poi ancora dobbiamo capire dove sono i nostri potenziali clienti, anche quelli che ancora non sanno di volere quello che offriamo.

Per figurarci il nostro cliente potenziale possiamo o prendere il profilo di qualcuno che è già nostro cliente e che rispecchia appieno le caratteristiche del nostro target, oppure creare quella che viene definita buyer persona. Avere un profilo chiaro e definito ci aiuterà nella creazione di offerte, nel capire su quali canali comunicare, quale tono usare e che tipo di contenuti veicolare. Sembrerà sciocco, ma una fotografia e un profilo anche se inventati possono aiutare molto a immaginare se quello che vogliamo fare può essere utile oppure no.

Altra cosa di cui ho parlato ultimamente, in particolare nella newsletter di dicembre (non sei ancora iscritto? Fallo ora!), è il rimanere coerenti al nostro target. Se abbiamo scoperto dopo una lunga ricerca che le persone che acquistano prodotti simili ai nostri sono solo su Intagram, non ha nessun senso aprire anche una pagina Facebook, un canale YouTube e un profilo su Twitter. Sarebbe solo uno spreco di tempo e di risorse che non porterebbe al raggiungimento degli obiettivi e sono sempre e solo gli obiettivi che ci siamo dati a guidare le nostre scelte comunicative, non l’entusiasmo nel ricevere tanti like a un post legato alla banana di Cattelan.

Come trovare nuovi clienti?

L’analisi del target è utile sia dal momento in cui stiamo pensando ad un nuovo prodotto e quindi ci serve farci un’idea di quali azioni intraprendere, sia quando siamo a corto di clienti, soprattutto quando parliamo di liberi professionisti. Può succedere infatti di aver bisogno di cercare nuovi clienti perché il passaparola (offline o online) non sta funzionando o perché vogliamo uscire dal cerchi degli amici. Fermiamoci quindi un secondo per capire se stiamo parlando di cose che sono interessanti per il target, se stiamo sbagliando il canale perché nel frattempo le persone si sono spostate o se c’è qualcosa che dovremmo fare e che non stiamo facendo.

Trovare nuovi clienti non è impossibile, forse a volte faticoso, ma non impossibile. Dobbiamo tenere bene in mente quali sono le persone che stiamo cercando e non tentare di allargare la rete per pescare quanti più pesci. Tiriamo dritti con la strategia che ci siamo dati e continuiamo imperterriti senza distrazioni, senza stare continuamente a guardare quello che fanno i competitor (anche se però un pochino sì). La determinazione e la perseveranza, se la strada tracciata è quella giusta, porteranno sicuramente a dei risultati.

Se non sai da dove partire per costruire una strategia di web marketing che possa portare i risultati sperati scrivimi. Fissiamo un’ora di consulenza e capiamo insieme come sfruttare al meglio tutte le risorse che Internet ci mette a disposizione.

Tutti possono fare i social cosi

Tutti possono fare i social cosi

Le piattaforme si evolvono per diventare sempre più intuitive e di facile utilizzo per chi non è esperto del settore. Si parte da Canva che ormai è davvero alla portata di tutti e che permette anche a chi non ha idea di cosa siano Photoshop, InDesign e Illustrator di creare immagini per i social, locandine e biglietti da visita, passando per i siti come Wix che aiutano nella creazione di siti web per arrivare a Facebook che tramite il Creator Studio, l’integratore del Pixel e i sempre nuovi aggiornamenti del pannello del Business Manager. Questi sono tutti siti e strumenti che permettono a chiunque di barcamenarsi nel mondo del web, della grafica e del social media marketing.

Chiunque può diventare social media manager

Classiche ormai sono le scene dove il “cugino” di turno bravo con il computer viene incaricato di portare avanti pagine social o di creare siti web. I risultati poi sono chiaramente discutibili e il risparmio economico nel dare il lavoro a qualcuno che lo fa gratis, o quasi, non copre il costo di chiedere l’aiuto di un professionista per rimediare agli errori. Immaginiamo il caso in cui l’azienda in questione è un ristorante. Sulla sua pagina Facebook viene pubblicata una fotografia di un taglio di carne per annunciare un nuovo piatto e sotto quel post iniziano ad arrivare commenti negativi da parte di persone vegetariane, vegano o comunque sensibili all’argomento. Un professionista sa esattamente come gestire il momento di crisi cercando di renderlo, per quanto possibile, un punto a favore dell’azienda. Una persona che pubblica tanto per fare, potrebbe non sapere cosa fare in questa situazione finendo per cancellare i commenti o ignorando le persone che scrivono. L’effetto sarebbe un boomerang e potrebbe portare a un impatto negativo online ma anche offline per il malcapitato ristorante.

Con le nuove piattaforme sempre più user friendly ci troviamo davanti alla fine della carriera dei social media manager? No. Riuscire in autonomia a creare, pubblicare o programmare un post non significa per forza essere in grado di fare tutto quello che c’è dietro. Il lavoro del social media manager non è solo quello di pubblicare qualcosa su Facebook o Instagram. Dietro ogni post c’è una strategia, un testo con un tono specifico, un target da colpire, degli obiettivi da portare a casa, senza contare poi tutta la fase di analisi dei dati e dei risultati e la revisione della strategia.

Certo, per chi ha pochissimo budget a disposizione e non si può permettere un professionista che si dedichi sono a lui e alla sua attività queste piattaforme aiutano e non poco. Permettono a tutti, con un minimo di informazione e voglia di sperimentare, di arrivare a vedere qualche risultato. Diverso è il discorso quando si vuole che questi canali diventino una vera e propria fonte di crescita e guadagno per il nostro business.

Siamo tutti professionisti?

No. I professionisti sono persone che si sono formate, hanno studiato, hanno esperienza e si fanno pagare per mettere in pratica le proprie conoscenze e metterle a disposizione del cliente. A nessuno verrebbe in mente di dirsi professionista parrucchiere perché si fa la tinta a casa. Ogni professione ha anni di studio alle spalle, e anche se gli strumenti diventano di più facile utilizzo, non significa che chiunque può sostituirsi a chi quel lavoro lo fa tutti i giorni e investe sulla propria crescita professionale.

Sperimenta, leggi, informati e sfrutta i siti che ti permettono di iniziare a lavorare sulla tua comunicazione online. Se non puoi (o non vuoi) affidarti ad un social media manager investi nella tua formazione in modo da poter rendere i tuoi canali utili al tuo business, non solo una vetrina dalla filosofia “ma sì, metto su qualcosa giusto perché su Internet ci devo essere”. Se, invece, vuoi un preventivo per la tua attività puoi contattarmi oppure leggere il mio articolo quanto costa un social media manager per farti un’idea di quello che può chiedere un professionista per la tua comunicazione social.

Se hai trovato l’articolo interessante non esitare a condividere su Facebook questo blog post o inviarlo agli amici che hanno dei dubbi su che cos’è il social media manager.