Meglio avere tanti like e fan o riuscire tramite il lavoro sui social ad avere clienti e quindi bonifici? Non so tu, ma io preferisco la seconda opzione. Che poi ci ho provato ad andare al supermercato a fare la spesa e scambiare i mi piace con un litro di latte, ma mi hanno detto di no che servono i soldi, quelli veri. Ma davvero questi numeri non contano, oppure hanno una loro valenza?
Sono solo vanity metrics
Qualche settimana fa ho pubblicato questo su Instagram.
Da questo post sono scaturite un paio di conversazioni interessanti con due colleghe su come i clienti, soprattutto quando si tratta di freelance e di piccole realtà, siano letteralmente ossessionati dai like, dalle interazioni, dai fan. Questi numeri fanno parte della categoria delle vanity metrics, letteralmente metriche della vanità, ovvero numeri che ci fanno sentire realizzati e soddisfatti, ma che nulla hanno a che vedere con il raggiungimento degli obiettivi di business.
Pensaci. Possiamo davvero fissare come obiettivo di business il raggiungimento di 50 mila follower su Instagram? Quale ritorno sull’investimento ci dà? Avere tanti fan equivale ad avere un negozio dove moltissime persone fanno un giro. Ma se poi non acquistano, che vantaggio ne hai? Davvero vuoi un esercito di persone che dicono “sto solo dando un’occhiata” o vuoi che aprano il portafogli?
La riprova sociale
Non possiamo però non tener conto di questi numeri. Ignorarli completamente sarebbe da persone miopi. Sono un modo per vedere se i contenuti che pubblichiamo piacciono oppure no, ma poi dobbiamo confrontarli con le effettive vendite, generazione di contatti o qualsiasi altro vero obiettivo che ci siamo dati.
Aumentare il numero di follower e la copertura che hanno i nostri post ha chiaramente un senso: amplifica il nostro pubblico e quindi la platea di persone che ascoltano il nostro messaggio. Ma c’è un’altra cosa importante: quella che viene definita riprova sociale, ovvero quel fenomeno psicologico secondo il quale decidiamo ciò che è giusto in base a ciò che sembra giusto per gli altri. Questo fenomeno viene sfruttato per esempio dalle discoteche. Ti è mai capitato di metterti in coda fuori da un locale per poi entrare e trovarlo mezzo vuoto? Ecco, il fatto di avere la coda fuori dà a chi passa la sensazione che il posto sia esclusivo e che la gente è disposta ad aspettare pur di entrare.
I like fanno lo stesso identico gioco, ed è per questo che moltissimi acquistano i follower (no, non farlo! In un altro articolo ti spiegherò perché scappare da questa pratica). Avere 50 mila fan su Instagram dà la sensazione a chi arriva sul tuo profilo che sei più bravo rispetto a chi ne ha 300. Anche se non ci sono prove a sostegno di questa teoria.
La crescita sui social è da perseguire nell’ottica di ampliamento del nostro pubblico, così come l’aumento degli iscritti alla newsletter e le visite al sito web.
Le cose che contano davvero
Andando alla ricerca continua di like, però, non dobbiamo perdere di vista quello che davvero conta: le conversioni, i clienti, i bonifici, i dindini. Facciamo un esempio: se una persona che si occupa di problemi sessuali di coppia sbarca su Instagram, credi davvero che, per quanto bravo, coinvolgente e con la migliore strategia di comunicazione possibile riesca a raccogliere centinaia di commenti di persone che raccontano dei loro problemi a letto? Io credo di no. In questo caso interessa che le persone poi fissino una consulenza, che convertano, che diventino clienti. È più probabile quindi che si palesino nei messaggi privati.
Con questo post, quindi, dove voglio andare a parare? Semplice: i numeri delle conversioni sono più importanti (ma centinaia di volte più importanti) del numero dei follower, dei mi piace, dei cuoricini.
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