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Vincere le elezioni grazie ai social

16 Ott 2020

Premessa: questo articolo si concentrerà sulle elezioni regionali e la campagna elettorale che è stata fatta sui social prendendo come termometro le scorse elezioni regionali della Valle d’Aosta. Escludo le elezioni comunali perché, soprattutto nei piccoli comuni, sono altre le motivazioni che spingono i cittadini a votare per quella o quell’altra lista: amicizia e parentela sono i motivi più forti. So anche benissimo che le elezioni non si vincono solo grazie ai social, c’è tutto l’offline che ha un suo valore fondamentale. E, cosa molto importante, ho lavorato (insieme a Erick Bazzani) alle scorse elezioni per una delle liste in competizione.

Il fattore tempo e la campagna elettorale

Partiamo dal presupposto che in 40 giorni non si fanno miracoli e che, almeno in Valle d’Aosta, nascono liste proprio a ridosso della competizione elettorale. Questo fa sì che non ci sia uno storico del lavoro fatto da quel movimento, spesso non sono veri e propri movimenti politici ma insieme di più forze e nascono quindi account social solo per questo evento (e molte volte vengono abbandonati poco dopo).

Viviamo ormai in una campagna elettorale permanente dove tutti i movimenti, candidati, politica di destra, sinistra, centro, sopra o sotto lanciano slogan o sollevano questioni chiedendo al proprio pubblico di appoggiarli. Si creano distorsioni, visioni delle cose diverse dalla realtà, fake news, tu contro di me che hanno come unico scopo quello di attirare più fan possibile. Uso proprio la parola fan perché spesso è quello in cui si trasformano i seguaci delle forze politiche: difendono a spada tratta il proprio idolo, portano avanti la sua narrazione e ne diventano i paladini.

Riuscire quindi a creare una narrazione efficace, credibile e che entri nella testa delle persone non è così semplice ed è qualcosa che necessita di tempo per realizzarsi.

I candidati sono il volto della proposta politica

Detta malamente, i candidati sono il “prodotto” che i movimenti tentano di vendere. In questa tornata elettorale in Valle d’Aosta abbiamo votato con la preferenza unica. Questo cos’ha comportato? Ogni candidato ha corso da solo la maratona fino al traguardo e i movimenti hanno fatto solo da supporto. In questo contesto, quindi, la scelta del candidato diventa ancora più importante: se un prodotto non piace al pubblico, lo posso pubblicizzare finché voglio ma comunque non troverà mercato. Idem per i candidati: se non piacciono la gente non li voterà, indipendentemente dal programma della lista.

Ci siamo trovati quindi con oltre 300 persone desiderose di sedere in Consiglio regionale, ognuna delle quali ha portato avanti la propria campagna sia online che offline. In questo contesto in cui si cerca di urlare più forte degli altri per farsi sentire, sussurrare all’orecchio dell’utente è la strategia migliore per farsi ascoltare. Che cosa vuol dire? Messaggio giusto, alla persona giusta, al momento giusto e nel posto giusto, che tu sia candidato, lista o movimento politico.

Inoltre, non si possono stravolgere i candidati a un mese dalle elezioni. Un candidato è una persona con i propri interessi, i propri amici, un proprio uso dei social media, un proprio carattere. Non possiamo pensare di prendere una persona e sconvolgerla, come non possiamo aprire per ognuno una pagina Facebook che poi rimarrà deserta. Anche fare video elettorali per tutti e 35 i candidati di una lista non ha nessunissimo senso, Erick lo spiega molto bene in questo articolo. Lasciare che ognuno si esprima nel mezzo che li fa sentire a proprio agio e che è più efficace è certamente la scelta vincente.

La strategia per la campagna elettorale

La strategia per vincere le elezioni sui social deve essere precisa e si deve svolgere su più livelli integrando online e offline e, perché no, coinvolgendo gli amici (è il caso, per esempio, del video “Dai, vota Pado!”). Sì ai comizi in presenza, ma ricordiamoci che in questi eventi troviamo solitamente coloro che già sono impegnati e vicini alla nostra causa. Tramite i social possiamo portare sulle diverse piattaforme gli stessi messaggi in modo diverso e far sì che più persone possano vederli, nel pieno dell’anonimato che lo schermo ci concede.

La strategia deve però essere abbastanza flessibile da potersi aggiustare in corsa, in base a quello che ci succede intorno e a quello che dicono/fanno gli avversari. Potremmo avere necessità di rispondere a un attacco diretto, di inviare un messaggio velato a un competitor, oppure di sfruttare degli avvenimenti per mettere in luce una parte del nostro programma elettorale.

Canali, target e contenuti giusti

No, no e poi no ad aprire un milione di canali social a pochissimi giorni dal voto; meglio solo uno ma ben gestito. È la scelta che abbiamo fatto io e Erick con la lista per la quale abbiamo lavorato. Ci siamo concentrati solo su Facebook perché lì c’erano i nostri potenziali elettori e perché aprire altri canali di comunicazione come Instagram poteva, visto il pochissimo tempo a nostra disposizione, essere controproducente. Non si possono copiare i incollare i contenuti sulle diverse piattaforme perché ogni canale ha un suo pubblico e una sua comunicazione.

Ciò che mostriamo deve necessariamente essere il giusto equilibrio tra parti di programma, eventi, volti dei candidati e tutto ciò che può essere funzionale alla narrazione. Non possiamo essere schizofrenici; cerchiamo di programmare quello che non ha limiti di tempo e di lasciare spazio per comunicazioni dell’ultimo minuto.

E le dirette Facebook? Sì, ma se hanno senso e con parsimonia. In tempo di Covid le dirette hanno doppia funzione: permettono a chi non può o non vuole assistere di persona di ascoltare gli interventi, e permettono lo svolgersi dell’evento in sicurezza. Ma, a parte il periodo storico in cui stiamo vivendo, la diretta può essere da un lato utile, dall’altra controproducente. “Il bello della diretta” non sempre è così bello. Quello che viene detto può raggiungere moltissime persone e possono scappare considerazioni che sarebbe meglio rimanessero private. Può anche generarsi un dibattito dove, invece di essere costruttivo, si rivela distruttivo mettendo in difficoltà l’interlocutore. Insomma, sì ma scegliendo bene quando farle e chi far parlare.

Il budget: più si spende meglio si spende?

Facebook non esiste senza sponsorizzate. È inutile discuterne: la reach organica delle pagine è sempre più bassa e senza mettere un po’ di budget rischiamo di vedere i nostri post viaggiare nello spazio web senza il minimo riscontro. Quanto spendere su Facebook? Dipende, ma non è necessario avere dei grandi budget, anche in campagna elettorale. Il contenuto è il principe dei social e più siamo capaci di coinvolgere gli utenti, più i nostri post viaggeranno da soli.

Durante la campagna elettorale alcune delle liste in gara hanno speso anche fino a 6000€ solo in sponsorizzate; io e Erick abbiamo speso per la nostra lista poco meno di 200€. Stupidi? Forse un po’ sì, però i nostri post hanno avuto una grande copertura e soprattutto abbiamo raggiunto il risultato: 18 consiglieri eletti tra regione e comune, oltre alla netta vittoria della lista rispetto alle altre forze in coalizione per il comune di Aosta. Ovviamente non è solamente merito nostro.

Non basta prendere il budget e schiaffarlo sulla faccia di ogni candidato. A me, utente, cosa dai in più facendomi vedere la faccia di tutti e 35 i candidati della tua lista alle regionali della Valle d’Aosta? Nulla. Quello che destiniamo per lo sponsorizzate Facebook va usato con parsimonia cercando di allargare il raggio d’azione della pagina verso quelle persone che potrebbero potenzialmente essere interessate. Inutile sparare nel mucchio, lo dico da sempre in qualsiasi ambito. Anche qui torna lo studio del target e la comprensione di chi abbiamo davanti.

Con i social non si vincono le elezioni

La conclusione è una soltanto: i social non fanno vincere le elezioni, ma sono fondamentali per non perderle. Con i social non si spostano i voti, ma possiamo convincere gli indecisi a votare il nostro programma e fidelizzare chi già sa a chi destinare il proprio voto.. Chi vota Salvini, non entrerà nell’urna per votare Renzi perché hanno letto un post su Facebook in campagna elettorale. Potranno, invece, scegliere una o l’altra lista in base a quella che più è arrivata vicina al loro pensiero e ha suscito interesse.

Per i risultati ci vanno tempo e pazienza, anche se la campagna elettorale fa mettere il piede sull’acceleratore. Meglio costruire una narrazione solida e coerente nel corso degli anni e poi raccogliere il frutto del lavoro (on e offline) durante le elezioni.

Per saperne di più su chi ho seguito, insieme a Erick Bazzani, in questa tornata elettorale vai a sbirciare nel mio portfolio.

Erica Rudda

Consulente di marketing digitale

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